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August 25, 2010
Isolate gli Israeliani
di Dr Ghada Karmi
Ghada Karmi was born in Jerusalem and left Palestine for England in 1949. She practised as a doctor for many years working as as specialist in the health of migrants and refugees. She held a number of research appointments on Middle Eastern politics and culture at the School of Oriental and African Studies in the Universities of Durham and Leeds. From 1999 to 2001 she was an Associate Fellow of the Royal Institute of International Affairs, where she led a major project on Israel-Palestinian reconciliation. Currently Ghada Karmi is a Research Fellow at the Institute of Arab and Islamic Studies, University of Exeter.
Può Israele vincere la sua recente battaglia con l’opinione pubblica? Molti pensano che questo sia un momento determinante nella lunga storia dell’impunità di Israele. Finora la capacità israeliana di sfuggire alla censura internazionale è stata impressionante. Un filo conduttore dei passati misfatti – l’invasione del Libano nel 1982 e l’assedio di Beirut ovest, il massacro di Sabra e Chatila, la guerra con il Libano del 2006, l’interminabile occupazione delle terre arabe, anche la guerra di Gaza del 2008 – 2009, che avrebbe dovuto essere decisiva – finisce per offuscare irreparabilmente la reputazione di Israele. A dispetto delle severe condanne internazionali ogni volta, è sempre riuscito a superare le critiche stringendosi nelle spalle. L’attacco alla Freedom Flotilla del 31 maggio è l’attuale oggetto della censura internazionale. Ma, guardando al futuro, non c’è motivo di pensare che questa volta sia diverso. Non solo per le speculazioni sul crescente isolamento internazionale che danneggerebbe Israele. Lo scorso maggio Israele ha ottenuto un posto nella prestigiosa organizzazione europea per la cooperazione e lo sviluppo, una partecipazione senza precedenti per uno stato delle sue dimensioni.
Un miglioramento delle relazioni con l’Europa, un continente già favorevole a Israele, viene ritardato ma non cancellato. Il chiasso intorno all’assalto alla Flotilla si è già affievolito, e Israele forse pensa di aver archiviato anche queste ultime condanne della comunità internazionale. Ma forse questa volta non sarà così semplice. La spacconeria del potere di Israele che si gloria di fronte al Congresso USA, e il recente successo nell’apparente restaurazione di cordiali rapporti con il Presidente Barak Obama, non può mascherare l’ondata crescente di panico tra gli israeliani. Per uno stato che sposa l’idea di se stesso come legittimo, stimabile e meritevole membro della comunità internazionale, il fuoco di fila che l’immagine di Israele ha ricevuto in questi ultimi mesi, è preoccupante. Il clima delle opinioni internazionali non era mai stato così ostile nei riguardi di Israele. Il selvaggio assalto su Gaza ha avuto un fortissimo impatto sulla pubblica opinione internazionale, aggravato in seguito dall’assalto alla Flotilla, durante il quale sono stati uccisi nove attivisti umanitari turchi. La solita invocazione israeliana di antisemitismo e minaccia alla sicurezza non funziona. Il parziale allentamento dell’assedio di Gaza è fallito nel tentativo di arginare l’onda di criticismo. Il mese scorso l’unico alleato islamico di Israele ha annunciato la sospensione di una cooperazione militare dal valore di sette miliardi e mezzo di dollari. Lo spazio aereo turco è stato chiuso ai voli militari. La paura di rappresaglie ha tenuto i turisti israeliani fuori dalla Turchia, e anche i funzionari di stato sono stati consigliati di non visitare la Turchia. L’ONU ha insistito per una commissione d’inchiesta indipendente sugli eventi della Flotilla, bypassando la proposta israeliana. Il controllo di Gaza, fino ad ora senza impedimenti, inizia ad essere minacciato dalla richiesta europea di porre fine all’assedio e di implementare un meccanismo di monitoraggio per il territorio di Gaza e per l’accesso al mare, così che gli aiuti umanitari possano raggiungere la striscia senza impedimenti. Persino il devoto alleato USA, ha definito l’assedio inaccettabile. Da gennaio le relazioni di Israele con diversi paesi occidentali sono diventate difficili. L’Inghilterra e l’Australia hanno reagito espellendo diplomatici israeliani, dopo aver scoperto l’uso, da parte del Mossad, di passaporti inglesi e australiani durante l’uccisione di Mahmoud Al Mabhouh avvenuta a Dubai. Dove l’autorità di polizia arrestò un agente del Mossad coinvolto nell’assassinio. Inghilterra, Francia, Spagna e Italia si sono schierate con fermezza contro l’attacco alla Flotilla. Il 14 giugno il Ministro della Difesa Ehud Barak ha cancellato un viaggio alla Fiera delle Armi di Parigi, perché allertato della possibilità che un gruppo pro Palestina era intenzionato a richiedere il suo arresto. Nel frattempo il movimento per il boicottaggio contro Israele ha realizzato straordinari momenti. Personalità israeliane vengono prese di mira nelle Università europee e americane, costretti a rinunciare alle loro letture e conferenze. Questa settimana 76 accademici di rango, in India, compreso lo scrittore Arundhati Roy, hanno firmato un appello per il boicottaggio culturale e accademico di Israele. Unendosi al già stabile movimento accademico di boicottaggio britannico, BRICUP, insieme al gruppo di boicottaggio accademico che sta crescendo negli USA. Inoltre il movimento di boicottaggio sta sviluppando anche altre forme e sostenitori: The Pixies, Klaxons and Gorillaz, hanno cancellato i loro concerti in Israele. Scrittori famosi come Alice Walker e Lain Banks stanno boicottando Israele; Banks ha rifiutato la traduzione in ebraico del suo libro, così come la Regina Rania per il suo ultimo libro per bambini. Gli scaricatori dei porti in Svezia, Norvegia, India e Sud Africa si sono rifiutati di scaricare le navi israeliane. A San Francisco gli scaricatori hanno ritardato le operazioni di scarico di ventiquattr’ore, azione mai registrata prima tra i sindacati USA e britannici che hanno deciso di boicottare le compagnie israeliane. Il movimento cresce in Europa e negli USA ottenendo il disinvestimento da compagnie come la Caterpillar, che lavoro per sostenere l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. La spontaneità e la velocità che accomuna tutte queste prese di posizione e molto importante. Al di sotto del livello governativo di sostegno a Israele, si insinua un’inquietante incertezza sulla sua condotta. Anche a livello popolare l’opinione pubblica ha cambiato atteggiamento, da quando Israele veniva identificato come la vittima, viene ora considerato il prepotente. In Inghilterra per esempio la simpatia per i palestinesi impressiona. I racconti suggeriscono che lo stesso accade anche altrove. Se questo trend continua l’isolamento di Israele peggiorerà. E questa è probabilmente l’unica via per Israele di afferrare e comprendere che l’aggressione infinita ha un prezzo e che la pace non si fa con il tamburo di una pistola.