La domanda italiana di idrocarburi, vale a dire petrolio e gas, più altre fonti di energia, aumenterà del 2 per cento nel corso di quest'anno. La stima è stata pubblicata dall'Unione petrolifera nei giorni scorsi. In tutto vengono consumati ogni anno circa 195 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti. L'unione ci tiene a sottolineare che lo scenario previsto per i prossimi anni (fino al 2020), dovrebbe essere caratterizzato da assetti sociali/produttivi che richiederanno sistemi tecnologici più razionali di quelli tradizionali, e fonti energetiche con emissioni basse o quasi nulle. Si sono insomma accorti che la gente preferirebbe avere un'offerta di energia non esclusivamente basata sui combustibili fossili. Con ulteriori dettagli: l'Up infatti sottolinea anche che l’incidenza delle singole fonti primarie sul consumo totale energetico si modificherà sensibilmente con un ridimensionamento del peso del petrolio a favore del gas naturale e delle energie rinnovabili, mentre resterà sostanzialmente costante il ruolo del carbone. E già dal 2013 il petrolio cederà al gas naturale il ruolo di principale fonte energetica del Paese.
Il quadro descritto dalla Up sembra però quasi utopico: le fonti di energia utilizzate, si legge nel rapporto, cambieranno negli anni perchè aumenterà la richiesta di fonti rinnovabili, la gente userà di più il trasporto pubblico, e le merci verranno spedite più via mare o via ferrovia. I consumi di benzina dunque, concludono, saranno in contrazione, la domanda complessiva di gasoli in costante crescita fino al 2010 e poi ripiegherà, la domanda complessiva di carburanti sarà in crescita fino al 2010 per poi scendere negli anni successivi; la domanda di olio combustibile sarà in ulteriore discesa (conseguenza del maggior impiego del gas, carbone e semilavorati nella produzione termoelettrica).
L'Italia, è cosa nota, non ha grandi riserve, e continuiamo a importare l'80 per cento di quello che consumiamo.
Eppure gli industriali del settore non hanno mai smesso di sperare da quando, è stato scoperto il primo pozzo di gas naturale nel 1944, a Caviaga (Lodi).
Le attività estrattive riguardano circa 7mila pozzi, dei quali però solo 2mila sono effettivamente attivi. Nel primo dopo guerra si puntava molto sulla potenziale produzione nazionale. E attualmente il nostro Paese figura al 34 esimo posto nel mondo per la produzione di gas, con 12 miliardi di Smc (metri cubi standard). E al 49esimo posto, con 145mila barili di greggio al giorno. Complessivamente in Italia sono quindici le compagnie petrolifere impegnate nella ricerca e nella valorizzazione delle risorse.
Le aree più interessanti sono in Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sicilia, Veneto e Nord Adriatico per quanto riguarda le estrazioni off shore.
Il giacimento più grande è quello di Val D’Agri in Basilicata, dal quale vengono estratti poco meno di 90mila barili al giorno. Che rende qualcosa: nel 2004 gli operatori in Italia hanno versato circa 150 milioni di euro in royalties, di cui il 42 per cento è stato destinato allo Stato, il 48 per cento alle Regioni, il 10 per cento ai Comuni.
Non sorprende dunque che nonostante il rapporto con le previsioni dell'Up sia stato pubblicato il 16 aprile, nello stesso periodo la Val di Noto sia finita sotto il mirino della Pather ooil texana. La val di Noto è patrimonio Unesco, è famosa per il barocco siciliano, ed è da diversi anni sul fronte anti trivellazioni.
In futuro ci troveremo sempre più spesso in situazioni come questa. Il conflitto fonti di energia, ambiente e cultura locale è destinato infatti a inasprirsi. Anche ammesso che si contraggano i consumi relativi, i consumi globali aumenteranno, e le riserve note sono in esaurimento.
L'investimento previsto in Val di Noto è di 40 milioni di euro. Ma la gente ha deciso che è necessaria una risposta immediata, prima che si alzi la posta.
Dal marzo del 2004, quando l'assessorato regionale siciliano all'Industria ha emanato quattro decreti che danno «carta bianca» alla ricerca e all'estrazione di petrolio e gas a quattro compagnie petrolifere: Eni, Sarcis, Edison, Panther Oil, in un territorio di 1.603 chilometri quadrati pari al 6,2% dell'intero territorio regionale, nel totale dispregio dei valori artistici e naturalistici di questa parte dell'Isola, è nato un movimento di protesta, il «Comitato contro le trivellazioni e per le energie rinnovabili» (No-Triv),. contro il progetto di trasformazione di un'area dove si trovano siti archeologici, monumentali e di interesse naturalistico in un enorme complesso estrattivo di gas e petrolio. Si tratta, di una zona che negli ultimi anni ha faticosamente , come spesso avviene in Sicilia, avviato uno sviluppo che punta sul turismo naturalistico e culturale e su un'agricoltura di qualità e di pregio.
L'esempio della Basilicata per altro è esemplare: i soldi che vengono guadagnati con il petrolio non sono ancora stati reinvestiti per assicurare una ricchezza distribuita, o per assicurare maggiori tutele sociali. Il comitato sta preparando un film, che si intitolerà 13 variazioni su un tema barocco, ballata ai petrolieri della val di Noto. Quelli della Up lo vedranno?