IL DRAMMA INFINITO DELLA SOMALIA: un appello

La Somalia sta precipitando sempre di più in una situazione simile a quella di altri stati africani abbandonati a se stessi, vittima di incursioni di altri stati, spalleggiati dalle forze occidentali che hanno tutt'altri interessi che la stabilità e la sopravvivenza della gente. Ma i nostri media non ne parlano, o pegio, raccontano solo la cronaca della guerra, i morti. Non spiegano il perché il paese sia piombato in questa situazione, non raccontano quali potrebbero essere le soluzioni, non è compito loro, dicono, prendere posizione.
Ma le popolazioni del basso Shebeli non ne possono più, vorrebbero poter almeno sopravvivere. per questo stanno chiedendo a gran voce la creazione di un corridoio imanitario, e degli impegni politici che possano garantire la ripresa di un dialogo. Chi sono? A quali sigle appartengono? Volutamente nessuna, In una situazione in cui sul teatro ci sono gruppi di ogni tipo, alemno due paesi stranieri, e tutti sono in guerra contro tutti, identificarsi con etichette precise non ha senso. Sono esponenti dello pseudo governo, nel quale non si riconoscono neppure più, sono persone che pur non simpatizzando con le corti islamiche, hanno saputo riconoscere che nel periodo in cui erano al potere, una tranquillità era stata raggiunta. Sono cose che non si possono dire purtroppo. La situazione è troppo complicata perché i giornalisti italiani possano avere il coraggio di parlarne. Facciamo in modo che ne parlino gli altri: fate girare l'appello, fate in modo che si parli di Somalia in ogni angolo di Italia, visto che il nostro Paese è profondamente implicato nei destini di quell'angolo d'Africa.

Appello delle popolazioi del basso Shebeli 

In questi ultimi drammatici giorni anche l'accesso umanitario verso alcune
regioni del centro e sud Somalia è chiuso: è indispensabile riaprirlo al più
presto per poter portare aiuto alle popolazioni al limite della
sopravvivenza. Chiediamo alla comunità internazionale un intervento deciso e
immediato per ottenere corridoi umanitari che permettano agli aiuti di
raggiungere città e villaggi isolati.
Questa ultima catastrofe va a sovrapporsi a un lungo periodo di emergenze
continue: nel corso del 2006 il sud del paese è stato funestato da periodi
di siccità prima e inondazioni poi, che hanno causato la distruzione dei
raccolti e la morte degli animali. La perdita per la popolazione è stata
estremamente grave, visto che la precaria economia dell'area si basa
sull'agricoltura e sull'allevamento. Nel solo Basso Shebelle, più di 3.000
famiglie si sono mosse verso i centri maggiori, Merka, Brava, Qorioley e
Afgoye alla ricerca di cibo e di ospitalità.
La conseguenza più grave è stato il diffondersi di malattie quali colera,
malaria, morbillo e infezioni respiratorie, causa di morte soprattutto tra i
bambini, anziani e donne incinte.

I noti eventi di dicembre 2006, con l'intervento dell'esercito etiope e
l'apparente sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche e le recenti
battaglie urbane a Mogadiscio  delle scorse settimane hanno riportato il
Paese alla drammatica situazione dei primi anni 90. Gli scontri che hanno
visto contrapporsi l'esercito somalo e le milizie, hanno aggravato la
situazione umanitaria e decine di migliaia di sfollati sono scappati dalla
capitale e si sono riversati nel Basso Shebelle.

Le testimonianze che ci arrivano da Merka sono tragiche, alcune donne della
città ci mandano appelli drammatici. "A Merka sono arrivati migliaia di
sfollati, c è tanta  fame e il cibo scarseggia, ci sono bambini abbandonati,
come nel '92 … bambini e genitori che si sono persi. Stiamo cercando di
portare aiuto però è una goccia nel mare poichè l'isolamento in cui ci
troviamo aggrava drammaticamente la situazione!!".

I voli da e verso Merka sono ormai bloccati da mesi, muoversi via terra è
molto pericoloso "Non ci sono voli in questo momento e non sappiamo se  ci
saranno, se entro la fine di aprile non cambierà la situazione, avremo fame
e morte peggio del '92".
I dati che vengono raccolti nelle strutture sanitarie indicano che il numero
dei pazienti è raddoppiato, con oltre 3.000 casi di sospetto colera e più di
200 morti che avrebbero potuto in gran parte essere risparmiati se fossero
pervenuti i farmaci che servirebbero, attraverso un minimo di canali
umanitari accessibili.

I bisogni della popolazione sono molti e si tratta di beni primari: cibo,
ripari per gli sfollati, latrine, medicine e materiale sanitario.

E' assolutamente indispensabile riaprire l'accesso umanitario. Al più presto

Secondo chi è in continuo contatto con la Somalia i messaggi politici da
divulgare sono principalmente:
1) Ritiro delle truppe etiopi che lascino ai somali risolvere le loro
questioni in maniera autonoma. Lla loro presenza non serve e non facilita le
relazioni. Per la sicurezza ci sono – seppur ancora deboli – le forze
dell'Africa Union.
2) I mpegno internazionale per rafforzare la presenza dell' A.U. con un
mandato più attivo nei confronti del controllo del territorio a fini
sicurezza (altrimenti il rischio è che finiscano come in Darfur rinchiusi
nelle loro basi a subire e basta).
3) Che la comunità internazionale appoggi un dialogo fra i clan degli
Abrghidir e il governo provvisorio e che convinca il TFG (governo) ad aprire
un negoziato anche se si tratta di un clan e non di un movimento politico
formalizzato. In somalia in fondo non c'è alcuna differenza e la posizione
del TFG suona come una scusa, una vendetta dopo tanto tempo anche a costo di
utilizzare il da sempre comune ed odiato nemico: gli abissini!!

NEL FRATTEMPO E' PRORITARIO FARE TUTTO IL POSSIBILE PER APRIRE UN CANALE
UMANITARIO CHE CONSENTA DI AFFORNTARE L'EMERGENZA CHE SI E' CREATA NEL BASSO

This entry was posted in azioni. Bookmark the permalink.