First strike contro open source

I Paesi occidentali devono essere pronti a ricorrere a un attacco
nucleare preventivo per fermare la diffusione delle armi nucleari e di
altre armi di distruzione di massa. Il rischio di un’ulteriore
proliferazione delle armi nucelari è imminente e, con esso, la
possibilità che abbia luogo un guerra nucleare. L’uso immediato di armi
nucleari rimane l’ultimo strumento possibile per prevenire la
distruzione totale. E ancora: l’opzione first strike è uno strumento
indispensabile, semplicemente perché non è realistico immaginare un
mondo libero dal nucleare.

Queste dichiarazioni, non provengono dall’ultimo libro di Gibson, e non
sono state tratte neppure dalle novelle fantascientifiche di Arthur
Clarke. Sono invece le dichiarazioni  rilasciate a fine gennaio da
cinque tra i più importanti strateghi e ufficiali militari di alto
grado europei.

I loro nomi dicono poco a noi che
viviamo in un mondo sideralmente lontano dalle stanze dei bottoni. E la
notizia infatti non ha neppure avuto molta eco sulla stampa italiana.
Ma il manifesto firmato da John Shalikashvili, ex supremo comandante
Nato, Klaus Naumann, ex chairman del comitato militare della Nato, Henk
van de Breemen, ex capo di stato maggiore olandese, Jacques Lanxade,
anche lui ex capo di stato maggiore, francese, e Lord Inge, ex capo di
stato maggiore e della difesa in Inghilterra, parla molto chiaro:
l’unico modo di combattere e vincere la guerra nucleare è sparare per
primi. Non importa con quali danni. D’altra parte, sottolineano, oggi
ci sono delle minacce evidenti: il terrorismo, ovviamente, i fanatismi
politici, il cambiamento climatico e l’insicurezza degli
approvvigionamenti energetici (che intendano forse la fine del
petrolio?), l’indebolimento degli stati nazione (forse c’è bisogno
invece di un governo mondiale?).
La soluzione a tutti questi mali è semplice. La Nato deve cambiare i
suoi metodi decisionali, e creare un nuovo direttivo formato da leader
europei e americani, capace di rispondere rapidamente agli stati di
crisi. E la proposta ufficiale verrà fatta al vertice di BUcarest, in
aprile. Ed ecco i suggerimenti praici: per esempio passare da un metodo
del consenso a un voto di maggioranza, per esempio abolire i veti
nazionali. Inoltre: non consentire il voto a chi non partecipa poi alle
operazioni militari, e consentire l’uso della forza senza che sia
necessaria l’autorizzazione del concilio di sicurezza.
La minaccia del first strike è stata l’elemento centrale della
strategia della guerra fredda, uno strumento che ha congelato le due
superpotenze, impedendo in effetti l’uso delle armi. Ma ora, che il
semplice equilibrio tra due parti è saltato, e i poteri militari hanno
dovuto loro malgrado fare i conti con una realtà diversa, si sta
cercando di recuperare il terreno perduto.
Con la forza ovviamente.
Un’analisi pubblicata su Nature, e che dunque proviene da una
prospettiva completamente diversa, ovvero quella di chi si occupa di
scienza, conferma la minaccia di una guerra nucleare, ma parte da una
interessante prospettiva, di segno completamente opposto. La non
proliferazione, dice, è un argomento complesso, ma ci sono degli
imperativi che non possono essere ignorati, se vogliamo uscire da
questa stagione: nessuna arma nucleare e nessun materiale nucleare,
nessun nuovo stato con armi nucleari, nessun ruolo per le armi nucleari
nella politica internazionale, e nessun magazzino nascosto che, con la
scusa di mettere in sicurezza, accumula armi e materiali nucleari.
Poco meno di un anno fa altri quattro personaggi di grosso calibro,
molto diversi dai precedenti, hanno firmato un manifesto per il futuro.
Si trattava di George Shultz, Henry Kissinger, William Perry, Sam Nunn.
Mettevano in chiaro una cosa: sebbene il metodo della deterrenza possa
essere stato in qualche modo utile, tenere le armi nucleari per questo
scopo sta diventando pericoloso e del tutto inefficiente.  Gli
arsenali nucleari, sostenevano i quattro, sono diventati una
responsabilità, non una opportunità. E tutti i Paesi devono
liberarsene.
Alcuni ricercatori, nelle settimane scorse, hanno rilanciato ancora più
in alto: la sicurezza delle armi nucleari è un punto estremamente
delicato. Tutti sanno che è indispensabile proteggere gli arsenali da
pazzi, fondamentalisti, o anche solo da capi impulsivi. E infatti i
protocolli di sicurezza sono imponenti in tutti i Paesi. Ma sono anche
tutti diversi, segreti, ed è impossibile sapere se qualcuno non sta
facendo il proprio dovere. La soluzione? La condivisione dei metodi di
sicurezza, e l’open source dei sistemi che consentono di non far
saltare in aria tutto il mondo in un minuto.
Alla faccia di chi vuole tenere in mano le leve del comando.

 

Un video interessante

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