I piccioni: inutile odiarli

Il segno più tangibile della loro presenza e una fila di macchie
biancastre che si snoda lungo il marciapiede. Noi camminiamo sulla
strada. I piccioni
la usano come servizio. E poi razzolano la terra, mendicano briciole
correndo a dietro alle persone, sembrano sempre sporchi. Per di più
inclinano la testa e la muovono a scatti con un atteggiamento che non e
difficile definire "da stupido".
E, nonostante siano tra i pochi animali che ancora restano in città, non li amiamo. Dopo i topi, sono gli
animali più diffusi nei centri urbani. Ce ne sono 16 mila a Pisa, 40 mila a Bologna,
100 mila a Venezia. Si raccolgono in particolare nelle piazze, dove formano
veri e propri assembramenti. A Milano, in piazza del Duomo ne hanno contati
8 mila.

Negli ultimi hanno hanno fatto persino scattare l’allarme
sanitario. I piccioni hanno le zecche e trasmettono all’uomo salmonella
(un batterio), toxoplasma (un protozoo) e criptococco, un lievito che
provoca gravi infezioni nelle persone che hanno un debole sistema
immunitario.
C’è però il rovescio della medaglia. L’animale dall’aspetto
insignificante e un po’ irritante nasconde uno dei principali
protagonisti delle ricerche di neurobiologia, fisiologia sensoriale,
etologia, psicofisica e psicologia comparata.
I piccioni hanno per esempio permesso di
scoprire che la capacità di compiere associazioni non è una
caratteristica esclusivamente umana.
Come altri animali imparano per apprendimento meccanico, e cioé se
ricevono un premio quando fanno l’azione che gli viene richiesta. Per
esempio dare un colpo di becco sopra a un simbolo a forma di albero.
Però sanno andare anche oltre. Sono in grado di individuare l’albero
anche quando l’immagine che viene presentata ha una forma diversa dal
simbolo con cui ricevano il premio. E non solo: lo riconoscono in mezzo
a centinaia di altre immagini, che tra l’altro memorizzano e ricordano
anche a diversi mesi di distanza. Il che significa
che il loro cervello crea una categoria mentale (l’albero) che permette
di applicare il concetto anche se ci sono delle variazioni sul tema.
Esattamente come facciamo noi.
Si potrebbe obiettare: gli alberi sono particolarmente importanti per i
piccioni che, originariamente, erano uccelli migratori. Cosa accadrebbe
invece se gli venissero proposte forme diverse? Sono state fatte
prove con altri soggetti e persino con lettere e numeri, simboli astratti. I piccioni non hanno mai
sbagliato. Con un po¹ di allenamento sono stati persino capaci di
individuare uno stile, distinguendo
un quadro cubista (Picasso)da uno impressionista (Monet).
La loro capacità di riconoscere i luoghi è stata semmai sfruttata per
verificare come mai i piccioni viaggiatori riescano sempre, o quasi, a
fare ritorno a casa. In realtà si è scoperto che più che
sull’osservazione del paesaggio, si basano su quella della posizione
del sole rispetto all’orizzonte. La confrontano con una sorta di
orologio interno. In praticano sanno che se è mattino il sole deve
essere a est. Quando il cielo è coperto si aiutano invece con la
bussola: rilevano le variazioni del
campo magnetico terrestre. Infine usano il naso: costruiscono mappe
olfattive che si basano sia sugli odori sia sulla direzione dei venti
dominanti. Ovvero: imparano che con lo scirocco che arriva da sud
arrivano profumi diversi da quelli che viaggiano con la brezza del
nord.
Le soprese non sono finite: i piccioni non sono solo delle teste. Hanno
anche un cuore. In un mondo popolato da animali che praticano il sesso
libero, sono rigorosamente monogami, e fedeli per tutta la vita. Il
piccione maschio
impiega parecchio tempo per scegliere la compagna. E la corteggia a
lungo. Quando lei accetta le attenzioni del partner, il maschio si
avvicina e le becchetta testa e collo. Se lei lo imita è fatta: significa
che i due possono ³fidanzarsi². Di accoppiamento infatti non si parla finché
la coppia non si reputa stabile: deve passare almeno una settimana. A quel
punto è la femmina a prendere l¹iniziativa: inizia a becchettare il maschio
vicino al becco. Lui le offre del cibo e glielo infila direttamente nel
becco, proprio come si fa con i pulcini. È una dimostrazione importante:
significa che è capace di prendersi cura anche dei figli.
Preoccupato per l¹eventualità che la femmina si conceda delle scappatelle,
il maschio fa la guardia per tutto il periodo successivo. E se la vede
avvicinarsi ad altri maschi interviene, beccandola sulla nuca. La femmina
non è per nulla infastidita. Anzi: con un protettore così solerte può
andarsene in giro a cercare cibo senza temere l¹assalto di amanti
indesiderati.
Dopo una ventina di giorni nascono i piccoli. I piccioni
sono ottimi genitori: mamma e papà si alternano alla cova e producono,
entrambi, il latte di piccione, una secrezione biancastra che serve per
nutrire i pulcini. È una sostanza che contiene molte proteine e, proprio
come il latte dei mammiferi, ricca di immunoglobuline. Viene prodotta dal
gozzo (spiega)
I piccoli vengono alimentati esclusivamente con il latte per dieci giorni.
Poi vengono svezzati. Con semi, chiocciole, vermi, larve di insetti e pane.
Per il resto della loro vita sarà l¹uomo il loro principale fornitore
di cibo. Un piccione adulto ha bisogno di 30 grammi al giorno di cibo
secco, e di un
bicchiere (90 grammi) di acqua.
Se la gente non li nutrisse
il loro numero crollerebbe vertiginosamente: evidentemente, nonostante la loro cattiva fama, vengono aiutati.
Risultato: c’è sovrappopolazione. Non dovrebbero essere più di 300 per chilometro quadrato, calcolano gli esperti. A Venezia,
dove sono ormai parte integrante del paesaggio, la densità è 10 volte di più di quella accettabile.
Ma con il cane e il gatto i piccioni sono stati tra i primi animali
addomesticati dall¹uomo. Le tracce più antiche risalgono al Neolitico
(8 mila anni fa). E piccioni di città sono figli e nipoti di
piccioni viaggiatori che hanno smesso di lavorare,
esemplari scampati al tiro a volo, piccioni da carne fuggiti dagli
allevamenti. I loro parenti più stretti sono i piccioni selvatici
(Columba livia), con cui ancora si incrociano e fanno figli, e che di
tanto in tanto abbandonano la natura per avvicinarsi all’uomo. E ora di
interrompere la convivenza? Non è detto. "Il rapporto con i piccioni si
può recuperare, senza rischi per loro o per noi", dice Emilio
Baldaccini, direttore del dipartimento di ccccc, di Pisa. Ma sarebbe
meglio sospendere i rifornimenti.

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2 Responses to I piccioni: inutile odiarli

  1. lilli says:

    Vorrei racconare quello che mi e’ accaduto approposito di piccioni! Mi hanno fatto il nido sul davanzale, ha bloccato un imposta affinche le uova non rotolassero giu’ e lasciato aperta l’altra per avere luce nella stanza. Ogni tanto capita che per un colpo di vento l’imposta “libera” si chiuda…….allora sapete cosa ha imparato a fare il piccione che in quel momento non e’ impegnato nella cova, ma che comunque sorveglia dalla casa di fronte?? Incredibile ma vero…..viene in un’ altra finestra del mio appartamento e comincia a dare beccate sul vetro finche’ non mi precipito ad aprire l’imposta. Mi chiedo:come ha capito a quale finestra doveva “bussare”???Perche’ non a quella del mio vicino???Allora mi riconosce!!Insomma sono stordita!Ho sempre pensato fossero animali stupidi e mi ricredo!

  2. pingu says:

    A me i piccioni sono sempre piaciuti! 😀
    Comunque vorrei esporre un mio dilemma.. come si fanno a contare 8000 piccioni a piazza Duomo?? xD

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