Uomini e cani

Il cane è il migliore amico dell’uomo. È l’opinione comune. Gli esempi non mancano.  l’11 settembre 2001 Omar Eduardo Rivera era nel suo ufficio al 71 piano del World Trade Center , accompagnato dal suo golden retriever. Rivera, un non vedente, sente il rumore dei vetri infranti e libera il cane invitandolo a scappare. Niente da fare. L’animale lo spinge con insistenza verso l’uscita di emergenza. Riusciranno entrambi a salvarsi. A New York c’è un intero cimitero, quello di Hartsdale, dedicato agli eroi animali.

Qui è per esempio sepolto Koehler, in forza alla Croce rossa durante la prima Guerra Mondiale.

È altrettanto vero però che il cane è una bestia,  strettamente imparentata con lupo e sciacallo. Dei cugini mantiene molti degli istinti selvatici, come la capità di combattere all’ultimo sangue ed essere aggressivi. Per esempio può arrivare a combattere con i suoi simili fino alla morte.  Sfruttando questi comportamenti la zoomafia, secondo il rapporto Ecomafia 2004 prodotto da Legambiente e Lav,  produce un giro di affari che supera i 1000 miliardi.  Ogni anno vengono coinvolti 15 mila cani, soprattutto pit-bull, ma anche boxer, bull-dog, mastini. Un terzo muore nei combattimenti, che si svolgono in aree degradate, come discariche di rifiuti, ma anche in ville pricipesche, con puntate che arrivano anche a 30 mila eruo per ogni incontro. 

Persino i cani allevati per la loro capacità di difendere proprietà e persone,  un compito risevato a chi merita, procurano guai. Dopo una serie di episodi nei  bambini, adulti e altri cani, sono stati feriti, o addirittura sbranati, il Ministero della Salute ha emesso una ordinanza che vieta l’addestramento di pit bull e altre razze per esaltarne l’aggressività. Ha imposto l’uso della museruola in giardini , strade e ristoranti, e  il pagamento di una polizza di assicurazione, per tutti i possessori dei cani che compaiono in una lista nella quale, insieme a dobermann,  dogo argentino, rottweiler, compaiono anche i più comuni pastore tedesco, pastore maremmano e bobtail. “I cani potenzialmente pericolosi sono in italia circa 16 mila. Va fatta però una premessa: tutti i soggetti di tutte le razze possono diventare pericolosi, quindi una polizza assicurativa potrebbe essere utile per ogni specifico cane”, dice Aldo Marzano, responsabile RC generale dell’Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici).

Ogni padrone pensa che il suo cane valga più di tanti altri amici. E se fosse invece un insospettabile nemico?  Uno studio dell’Università di Belfast, in irlanda, ha dimostrato che i cani diventano irritabili e abbaiano più frequentemente quando sono sottoposti all’ascolto di musica come quella prodotta dal gruppo Metallica, mentre sono più rilassati si comportano in modo più educato quando ascoltano un classico come Bach. Gli stimoli ambientali dunque contano molto.

Ma anche le mucche sono più tranquille e producono più latte se ascoltano Beethoven.  In compenso raramente aggrediscono l’uomo.

Il cane è dunque un enigma: tra gli animali domestici, nessun altro ha sviluppato una relazione così stretta con la nostra specie, per di più conservando traccia dei comportamenti dei suoi progenitori selvatici. 

Vediamo però cosa hanno scoperto i ricercatori che sono andati a frugare nel suo percorso evolutivo per risalire alle origini della sua ambivalenza. Ci sono nuove e recenti ricerche che, se confermate, potrebbero ribaltare l’opinione fin qui più accreditata, ovvero questa: circa 20 anni fa gli uomini avrebbero cominciato ad adottare i cuccioli di lupo, probabilmente per avere un aiuto nella caccia. Selezionando via via gli animali più docilie sarebbero poi arrivati all’animale che conosciamo oggi. 

Raymond Coppinger , docente di biologia all’Hampshire college, Massachusetts, Usa, ha un’altra idea.  “Non è stato l’uomo ad addomesticare il cane:  è l’animale che si è avvicinato per opportunismo”, sostiene. I cani  condividono molti caratteri con i loro parenti selvatici, e infatti possono ancora accoppiarsi con loro. In biologia invece la distinzione tra due  specie è sancita dall’impossibilità di procreare. Dunque si potrebbe trattare di un ramo genetico ancora in evoluzione. Non a caso, da adulti, ricordano molto i piccoli delle altre specie, quasi corrispondessero a una loro fase giovanile, una caratteristica che può emergere quando è necessaria una grande adattabilità a un nuovo ambiente.   

Una conferma viene dal fatto che il lupo, nonostante i numerosi esperimenti,  resta ancora oggi non addomesticabile. Ogni animale ha infatti un periodo critico nel quale può acquisire comportamenti sociali. Per il lupo è brevissimo, una settimana. Il cane arriva a 10. 

L‘ipotesi di Coppinger è dunque questa: alcuni cani selvatici si sono volontariamente avvicinati ai primi villaggi umani, iniziando prima una vita parallela, paragonabile a quella dei topi,  e stabilendo in seguito una convivenza più stretta. La loro vita sarebe diventata più facile, meno condizionata dai fattori ambientali che li avevano plasmati fino a quel punto, e i caratteri giovanili, compresa la finestra di socializzazione, si sarebbero potuti estendere fino all’età adulta. solo a questo punto sarebbe intervenuto l’uomo, operando una selezione che ha favorito caratteri come socialità e capacità di rispondere ai comandi. 

Il cane dunque sarebbe animale un po’ speciale che, finito nelle mani di altro animale un po’ speciale, l’uomo, sta seguendo un percorso evolutivo che lo ha reso molto diverso dagli altri, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione, una caratteristica piuttosto importante per poter aver a che fare con un animale per il quale lo scambio di informazioni è così imporante, quale è l’uomo.

Fino a poco tempo fa partendo dalla considerazione che animali come cani selvatici, lupi, volpi e sciacalli non usano i latrati per comunicare,  gli studiosi, ritenevano che anche l’abbaiare del cane fosse una espressione del tutto casuale, legata al fatto che da adulti mantengono molte delle caratteristiche tipiche dei giovani, compresa quella di non stare mai zitti. 

In realtà non è così. Rico, un border collie di 10 anni che è stato sottoposto a una serie di test presso il Max Plank Institute di Lipsia, Germania, ha dimostrato di essere effettivamente in grado di comprendere il significato di oltre 200 parole e mostra grandi capacità di apprendimento.  

I cani, a differenza dei lupi, sono anche più espressivi: hanno maggiori variazioni della voce, che riguardano sia i toni che la lunghezza del latrato.  In situazioni di stress i cani ritornano a suoni  atonali, più simili a quelli prodotti dagli  animali selvatici. mentre quando stanno bene emettono suoni più musicali, come dimostra  una delle ultime ricerche, quella della ricercatrice Sophia Yin, dell’Università della California, che ha analizzato acusticamente 4600 latrati prodotti da 10 cani in diverse situazioni.

Ancora più interessanti sono i risultati di uno studio effettuato per capire se il linguaggio del cane è universalmente capito: Adam Miklosi, dell’Università di Budapest, ha messo a confronto le capacità di comprensione dei versi di cani mudi (una razza ungherese), da parte di proprietari della stessa razza, proprietari di altre razze, non proprietari di cani. Risultato? Gli uomini mostrano di riconoscere diversi suoni e di collegarvi in maniera non equivoca significati diversi. E non si tratta di una forma di comunicazione che si instaura solo tra un cane e il suo padrone: i tre gruppi, compreso quello di chi non possiede animali, hanno dimostrato pari abilità di interpretazione.

Brian Hare della Harvard university, Usa, sostiene che la particolare sensibilità alla comunicazione che intercorre tra uomo e cane deve essere una recente acquisizione genetica. Nel corso di una serie di esperimenti ha dimostrato che lo scimpanzé (una specie molto più simile alla nostra) non è per esempio in grado di riconoscere una serie di segnali prodotti dall’uomo, mentre il cane si. La sua abilità dunque non può essere dovuta al fatto che è un animale sociale, perché anche l’altro lo è. E neppure al fattto che convive con noi: animali che avevano avuto pochi contatti umani, rispondevano come gli altri. E qual è secondo Hare dunque, l’ipotesi più probabile? Quella che dà riscontro a Coppinger:  anche la comunicazione è una caratterstica che si è evoluta per permettere al cane di entrare in una nuova nicchia, quella che gli ha permesso di stabilire una vera e propria simbiosi dell’uomo. Senza dimenticare le sue origini però, che ancora posso tornare se il cane viene abbandonato o, peggio, trattato da bestia.

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