Rosa, determinismo biologico, e candidati per l’Ig Nobel

Se  il rosa è il colore femminile per eccellenza, mentre i
maschi prediligono, da sempre, il blazer blu, una ragione c'è. Una
recente ricerca effettuata presso l'università di Newcastle (Uk) da
Anya Hurlbert e Yazhu Ling ha infatti confermato che non è solo
questione di gusti: tra i due sessi c'è una differenza di percezione
del colore che fa si che donne abbiano una spiccata preferenza per le
tonalità che stanno tra il rosa e il viola, mentre i maschi amano i
colori del cielo e dell'acqua. Hurlbert, laureata in fisica,  è
una ricercatrice che più di vent'anni anni studia il fenomeno della
visione. In particolare è interessata alla percezione visiva e a come i
colori interagiscono con le altre caratteristiche che ci permettono di
vedere un oggetto: forma, dimensioni, consistenza. "Il modo in cui
vediamo ci rivela molti dei meccanismi di funzionamento del nostro
cervello", sostiene.

Che i due sessi potessero avere opinioni diverse in fatto di colore, e
che questo potesse essere dovuto a differenze biologiche, si supponeva
già. Sul tema ci sono numerosi studi. Uno dei primi risale perfino al
1897 ed è stato effettuato da Joseph Jastrow, lo psicologo
polacco-statunitense che ha ideato molte illusioni ottiche per
dimostrare come il cervello elabora le informazioni visive. Jastrow
sosteneva che anche le preferenze di colore dipendessero dal modo in
cui il cervello elabora i dati ricevuti dagli occhi.

Ma, rivela Hurlbert, i dati fin qui raccolti erano in molti casi
contradditori e per nulla conclusivi. In più, nonostante il rosa per le
femmine e il blu per i maschi, fossero simboli ormai consolidati nei
Paesi occidentali, nessuno aveva ancora verificato il perché di tale
gradimento. Potrebbe trattarsi infatti di un condizionamento culturale,
dovuto al fatto che sin da piccoli i bambini ricevono prevalentemente
vestiti e regali del colore che caratterizza il loro sesso.

La scienziata inglese ha dunque sottoposto a una serie di osservatori
di età tra i 20 e i 26 anni, dei piccoli rettangoli colorati,  che
venivano disposti su uno sfondo neutro e presentati in sequenza, dal
rosso al verde blu, al giallo. Hurlbert ha quindi indagato se le
persone sottoposte al test dimostravano preferenze, obbligandole
però  a una risposta rapidissima e chiedendo di non pensare a
vestiti o oggetti. La scelta prevalente delle femmine era per i colori
che vanno intorno al rossastro (rosso, arancione, fucsia). Hurlbert ha
inoltre riscontrato un'altro fenomeno che si conosceva già: tutta la
popolazione umana, tra tutti i colori, gradisce in generale di più i
toni dell'azzurro (il meno amato invece è il giallo). Proprio la
preferenza dell'azzurro, combinata con l'alta recettività nei confronti
del rosso, porta  dunque le femmine a prediligere il rosa-viola.

Il risultati ottenuti sono simili a quelli riscontrati su un gruppo di
studenti cinesi, che hanno un'educazione al colore diversa dalla
nostra. Dunque è probabile che la cultura non c'entri.

Ma come mai i due sessi sono così diversi nella percezione del colore
rosso? Hurlbert suggerisce che le differenze potrebbero essere emerse
nel corso della nostra evoluzione, ai tempi in cui l'uomo era a livello
di cacciatore-raccoglitore. Alle donne spettava il compito di reperire
la frutta matura nel folto della foresta, e dovevano avere il colpo
d'occhio che gli permetteva di riconoscerla. Non solo: distinguere bene
il rosa-rosso, permette anche di interpretare meglio i cambiamenti che
si verificano sulla pelle degli altri per una emozione, o per la
febbre. Una caratteristica importante per chi ha un ruolo sociale di
accudimento.

Ma è davvero possibile che una preferenza possa essere predeterminata e si evolva in questo modo?

Le femministe inglesi, sul quotidiano Guardian, hanno risposto
chiaramente: lo studio arriva a conclusioni troppo semplici e lineari.
E giustifica un ruolo della donna, quello della ancella che si prende
cura degli altri, che è già stato ampiamente messo in discussione. Non
solo. Si sono giustamente domandate perché mai il sistema pubblico
debba finanziare ricerche come questa, che potrebbero tra l'altro
essere degnamente segnalate come Ig-Nobel (http://www.improb.com/), il
premio che viene conferito alla ricerca improbabile, ovveroagli studi più inutili per l'umanità.

Ma i dubbi ce li hanno in molti. Dubbi che raramente sono stati
riportati nei numerosi giornali italiani che hanno riportato la notizia.

"Nelle società di caccia e raccolta la divisione del lavoro non era
così netta, dunque le differenze potrebbero non essere sorte in seguito
alla divisione dei ruoli", dice Marino Niola, antropologo. "Le
preferenze in fatto di colore hanno inoltre una forte componente
culturale, che non può essere ignorata. Gli orientali per esempio,
hanno un gusto deciso per il rosso. Da noi invece il rosa è sinonimo di
femminile fin dai tempi dell'antica Grecia", conclude.

"Finora nell'occhio umano e nella percezione visiva, nessuno ha mai
sono riscontrato differenze sostanziali tra i due sessi. E' più
probabile invece che qualcosa cambi con l'età", fa notare David Burr,
docente di psicologia fisiologica all'università di Firenze. Una
ricerca effettuata da Manuela Dittmar della università tedesca di
Gutemberg, ha rivelato che l'universale amore per il blu declina con
l'età, mentre aumenta quello per il rosso.

"Resta il fatto che l'8 per cento degli uomini mostra un deficit
nell'ambito della gamma rosso verde, perché il cromosoma che porta la
capacità di riconoscere questi colori risiede esclusivamente sul
cromosoma X.", conclude.

Il senso del colore conta molto per il genere umano. Ed è un sistema
complesso, non ancora interamente compreso, che dipende sia dalle
funzioni dell'occhio, sia dalla capacità del cervello di elaborare
l'informazione. E proprio per questo motivo non è mai facile
distinguere cosa dipenda solo a una caratteristica fisica, e cosa possa
essere filtrato invece da educazione e cultura. L'occhio infatti ha il
compito di recepire le lunghezze d'onda degli oggetti che vediamo,
distingue tra luci e ombre, ma anche tra sfumature diverse. E' il
cervello però che deve selezionare ciò che arriva dai recettori visivi,
i coni. E non si limita a raccogliere quello che riceve in modo
meccanico, ma ci mette del suo. Tanto che ciascuno di noi elabora fin
dai primi anni di vita una propria personalissima percezione delle
sfumature di colore. Fin qui è biologia. A questo poi si aggiungono le
informazioni ricevute dalla società che ci circonda e non sempre è
chiaro dove sia il confine.

Insomma, le donne avranno anche una capacità biologica diversa di
percepire e riconoscere il rosa, come dice Hurlbert, ma è anche vero,
come conferma uno studio effettuato la primavera scorsa da Elaine Rich
e Cathy Stacy all'università di Austin, in Texas, che rispetto ai
maschi hanno un più ampio vocabolario per descrivere i colori, appreso
per via culturale.

Non a caso Hurlbert ha dichiarato di voler proseguire lo studio sia su
popolazioni diverse, sia nei bambini, per capire cosa sia dovuto alla
cultura e cosa alla natura. Per ora, la risposta più corretta è:
entrambe.

This entry was posted in azioni. Bookmark the permalink.