La fisica del caos e l’antico gioco delle biglie

In Italia si tira con l’unghia del pollice o dell’indice puntata verso il basso. La mano e l’avambraccio restano immobili a mezz’aria, mentre lo scatto delle dita imprime alla palla un’accelerazione moderata, e permette di calibrare il lancio in funzione delle difficoltà del percorso. In Inghilterra invece Continue reading

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Capitalismo alla cinese

Il parlamento cinese il 16 marzo ha varato una legge sulla proprietà privata. Non è stato un percorso facile:  dopo circa dieci anni di preparazione, la legge è passata per sette letture prima di essere giudicata pronta a essere sottoposta al voto e finalmente approvata con 2.299 voti contro 52. Il voto arriva tre anni dopo che un primo storico voto del parlamento cinese ha iscritto la protezione della proprietà privata nella costituzione.Apparentemente nulla di strano, per un Paese che sta uscendo a gambe levate dall'era comunista, Continue reading

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Che fatica dare un nome alle cose

Natica josephine è un mollusco gasteropode. Il nome appare forbito ma non deve trarre in inganno. Tradotto in italiano significa chiappa di Giuseppina. E’ stato chiamato così in onore di un particolare anatomico della bellissima Giuseppina De Beauharnais. Al suo consorte, Napoleone Bonaparte, è invece dedicata la Napoleonaea imperialis, un arbusto africano. 

Due dei più grandi musicisti di tutti i tempi…

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La violenza? E’ quotidiana

Dolce e Gabbana escono con una pubblicità che lascia pochi dubbi. Quattro uomini sullo sfondo guardano con facce tra il truce e l'indifferente il quinto macho che tiene una donna inchiodata a terra.  A nessuno viene in mente subito quello che la scena davvero mima, ovvero una violenza, solo perché i giovanotti sono troppo glabri, indossano i vestiti sbagliati, hanno facce da bambini cresciuti in fretta, non sono dei bravi attori. Continue reading

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Scienza africana

Per gli scienziati occidentali, l'Africa è senza dubbio un continente interessante. Qui si possono fare campagne per studiare il comportamento di animali selvatici meglio che in qualsiasi altro posto, ci sono numerosi resti di ominidi, è possibile testare farmaci su ampie fette di popolazione, e soprattutto si possono prelevare promettenti campioni di biodiversità, utili per le piante high tech del futuro. Dopo il viaggio, ovviamente, si torna a casa per l'analisi dei dati, l'uso degli strumenti, la stesura del paper. E la pubblicazione esce ovviamente su una delle riviste più accreditate europee o americane, con i nomi occidentalissimi di chi l'ha svolta.
La scienza in Africa, sembra dunque avere un valore solo strumentale. Continue reading

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Scienza pop

Dibattiti, cartoni animati, kit illustrativi. Non sono gli strumenti per un nuovo programma di educazione ambientale da diffondere nelle scuole, ma un sistema integrato di interazione con il pubblico,  con il quale il governo inglese spera di stimolare la gente ad esprimere la propria opinione sul futuro della scienza e della tecnologia. Chiamato Sciencehorizon, è un programma finanziato pubblicamente per stimolare  la partecipazione e la discussione sulle nuove applicazioni tecnologiche. Servirà a far saltare fuori speranze e paure, a chiarire i dubbi,  capire quali possono essere i limiti di tolleranza e quale la linea di confine tra eventuali costi e benefici di una tecnologia. Continue reading

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Il ritorno del Ddt

A volte ritornano. E questa volta tocca al Ddt, il famigerato insetticida della classe dei clorurati organici, rinvenuto anche a decenni dalla sua messa fuori commercio nel latte delle donne o nel grasso degli animali che vivono nelle aree più estreme.
Il messaggio è forte: la malaria sta uccidendo milioni di persone in Africa, non possiamo più permetterci di salvare gli uccelli e mietere vittime umane. Il ddt è servito a eliminare la malaria nei paesi occidentali fino a gli anni settanta, dunque servirà anche ora. Il Ddt è il mezzo migliore, non ci sono rischi per la salute, lo si può usare in grandi aree, è economico, di facile applicazione. Uno strumento perfetto. Continue reading

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In ospedale 3: corpi

Corpi. In ospedale ce ne sono tanti. E hanno vari problemi. Sudano, fanno le puzze, emettono liquidi di vario genere tra cui l'orrido sangue, sono brutti, grassi, flaccidi, dai coloriti cerei. In più, per identificarli, si usano codici numerici (il numero di letto, il settore dell'ospedale, il reparto, la matricola…). Con tutto quello che questo comporta nell'ambito delle fantasie sociali profonde, rimosse, non risolte, generazioni fa.  In ospedale i corpi devono restare tali, punto  e basta, vale a dire: non devono anche appartenere a persone. Le persone amano, ridono, soffrono, esprimono opinioni, in alcuni casi persino desiderano avere una capacità autonoma di valutazione della situazione. E questo non si fa: il sistema medico perepisce la autoaffermazione come un vero e proprio attacco terroristico, da preverire e sopprimere in tutti i modi.

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In ospedale 2: il personale delle pulizie

Sono sempre qui nel mio punto di osservazione privilegiato. Entra la signora che fa le pulizie ogni mattina alle 9.30 circa. L'ho osservata a lungo, lei come le altre con cui si alterna nel turno. Guarda fisso in terra. Ma non è una maniaca della macchia. I suoi occhi non stanno cercando attentamente l'orrenda particella di sporco, che pure viene vista con lo sguardo periferico. Evidentemente sono rivolti all'interno. Avvolta da uno scafandro che la rende inossidabile davanti a malati, letti, siringhe, via vai di infermieri, vive in un suo universo. Forse pensa ai figli lasciati in Ecuador, forse al marito che ieri sera ha come sempre esagerato con l'alcol, forse al padrone di casa. Eppure sembra senza emozioni. L'unica emozione che ho percepito in questo periodo è stato il leggero accenno di pianto fatto da un'altra signora che puliva, nel primo ospedale in cui sono stata ricoverata. Ma la situazione era davvero diversa: in camera di rianimazione, mentre un uomo veniva strappato alla morte con un massaggio cardiaco, un gruppo di medici accanto a una donna in coma non tratteneva le risate per non si sa quale raccontino. La signora continuava a pulire, con lo sguardo rivolto verso il basso. E una piccolissima, invisibile lacrima nell'occhio.  Negli ospedali c'è una stretta gerarchia.E i lavoratori delle pulizie occupano l'ultimo posto.

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a pensare….in ospedale

vabbè, una piccola scivolata personalistica me la potevo permettere pure io, Non avendo la fortuna di Fabrizio <gatti, che viene pagato dall'Espresso per fare il giornalista di inchiesta, per entrare in ospedale ho scelto la via più difficile: un attacco di pancreatite acuta. Inutile farsi domande: non avevo mai sentito parlare di questa patologia. E ora sono qui, in una corsia del San Raffaele, e il cervello che non sa stare zitto,

 

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